Italy: La settimana nei mercati - 3 Marzo 2025
La settimana appena trascorsa si presentava sulla carta ricchissima di eventi su tutti i fronti: dalla pubblicazione di importanti dati macroeconomici alla riunione della BCE, fino alle tematiche geopolitiche e commerciali. I fatti non hanno tradito le attese: la settimana passata ha infatti visto dinamiche di risk-off, con movimenti significativi nei mercati finanziari.
L’euro ha registrato un forte apprezzamento nei confronti del dollaro statunitense, passando da 1,05 a sfiorare 1,09, spinto da vari fattori – in Europa si apprende dell’aumento dei rendimenti obbligazionari europei e dall’annuncio della Germania di un massiccio piano di tagli fiscali e spese da 900 miliardi di euro, accompagnato dall’allentamento dei vincoli di bilancio. A supportare l’apprezzamento, è arrivato anche l’annuncio che l’amministrazione statunitense ha posticipato l’imposizione di dazi sulle importazioni di automobili da Canada e Messico, contestualmente, le contromisure commerciali da parte della Cina hanno generato forte incertezza negli investitori sugli Stati Uniti. L’incertezza è aumentata ulteriormente dopo che la FED di Atlanta ha previsto un calo del 2,8% del PIL statunitense, accrescendo le aspettative di un atteggiamento più accomodante da parte della FED, in netto contrasto con le previsioni di sole poche settimane fa, quando si attendeva un primo taglio dei tassi solo verso fine anno.
Nella giornata di giovedì è anche arrivato, come da attese, un nuovo taglio dei tassi da parte della BCE di 25 punti base, portando così i tassi di riferimento al 2,5%. Tuttavia, come vedremo nella sezione dedicata all’Europa, nonostante il taglio è emerso un sentiment più hawkish.
Sul fronte geopolitico, da sottolineare la decisione di Donald Trump di sospendere gli aiuti militari all’Ucraina e ed il rifiuto da parte di Vladimir Putin delle condizioni di pace proposte da Zelensky.
Passiamo ora ad analizzare più nel dettaglio la situazione.
STATI UNITI
Negli Stati Uniti, la settimana era attesa come particolarmente rilevante per la pubblicazione di dati macroeconomici cruciali. In particolare, i dati ISM Manifatturiero e Servizi, pubblicati rispettivamente lunedì e mercoledì, hanno fornito indicazioni contrastanti sullo stato di salute dell’economia statunitense: il settore manifatturiero ha mostrato una leggera contrazione, mentre i servizi sono rimasti in espansione, con entrambi gli indicatori saldamente sopra la soglia 50, spartiacque tra crescita e contrazione.
Ad aggiungere ulteriore incertezza sono stati i dati sul mercato del lavoro, con il sondaggio ADP, risultato ben al di sotto delle attese, e il report sui Non-Farm Payrolls di febbraio.Quest’ultimo dato ha rivelato un aumento dei nuovi occupati a Febbraio pari a 151 mila unità, in aumento rispetto al dato precedente a 125 mila unità, ma leggermente al di sotto del consensus degli economisti che era di 159 mila unità. Inoltre, il tasso di disoccupazione a febbraio è stato pari a +4,1%, in rialzo rispetto al precedente +4% (la previsione era +4%).
Tuttavia, come accade ormai da quando Trump si è insediato, i veri market movers sono state le azioni della sua amministrazione in tema di dazi e tariffe, oltre ai tentativi di mediazione nei principali conflitti mondiali, in particolare tra Russia-Ucraina e Israele-Hamas.
Tutti questi eventi, uniti alla crescente percezione che la FED possa assumere un atteggiamento più dovish, hanno avuto un impatto significativo sul dollaro. Solo fino a poche settimane fa, si prevedeva che la FED avrebbe mantenuto una politica monetaria prudente nel 2025, con tagli graduali dei tassi e concentrati perlopiù nella seconda parte dell’anno. Ora, invece, la combinazione di dati macroeconomici che segnalerebbero un rallentamento dell’economia statunitense, il ribasso dei mercati azionari e le nuove politiche tariffarie dell’Amministrazione Trump hanno modificato le aspettative degli operatori, portando il dollaro a perdere valore in maniera significativa. Nell’ultima settimana, l’EUR/USD è infatti passato sopra 1,0800, rompendo resistenze che finora avevano contenuto la sua svalutazione.
EUROPA
Anche in Europa, l’agenda della settimana è stata densa di eventi, a partire dalla pubblicazione dell’inflazione lunedì, che ha sorpreso al rialzo le attese degli analisti, attestandosi al 2,4% su base annua.
Questo dato non ha impedito giovedi alla BCE di procedere con un nuovo taglio dei tassi di riferimento (-25 bps), ma, insieme ad altri fattori strategici e geopolitici, ha reso più incerto il percorso futuro dell’istituto di Francoforte verso il raggiungimento del cosiddetto tasso neutrale.
Fino a poche settimane fa, la FED sembrava molto hawkish, mentre la BCE appariva più dovish, a causa delle rispettive condizioni economiche. Ora, invece, la percezione dei mercati parrebbe essersi ribaltata, con timori in Europa di un possibile aumento dell’inflazione a causa sia dal robusto piano fiscale e di investimenti che dalle tensioni commerciali, tanto che l’EUR/USD è tornato sui livelli pre-elezione di Trump alla Casa Bianca.
Da segnalare, infine, il piano varato dalla Commissione Europea per il rafforzamento delle capacità difensive del continente. Come dichiarato da Ursula von der Leyen, l’Europa deve “riarmarsi” a fronte delle crescenti incertezze sul futuro ruolo degli Stati Uniti nella NATO, rendendo necessario un incremento significativo della spesa per la difesa.
Conclusioni
La settimana appena trascorsa ha segnato importanti svolte per i mercati finanziari, con un mutamento delle aspettative sulle politiche monetarie di FED e BCE, un’ulteriore incertezza geopolitica e significativi movimenti sui mercati valutari. Il rialzo dell’euro nei confronti del dollaro riflette la rinnovata percezione di una BCE più restrittiva e una FED potenzialmente più accomodante, in risposta ai dati economici statunitensi in deterioramento.
Sul fronte geopolitico, le tensioni restano elevate, con la sospensione degli aiuti militari statunitensi all’Ucraina e l’escalation delle incertezze sulla sicurezza europea. Il nuovo piano infrastrutturale tedesco e le strategie della Commissione Europea per il settore della difesa potrebbero aprire nuovi scenari per l’economia dell’Eurozona nel medio termine.
Le prossime settimane saranno cruciali per capire se questo trend di mercato si consoliderà o se nuovi sviluppi, sia sul fronte macroeconomico che geopolitico, cambieranno nuovamente le carte in tavola. Oltre ai nuovi probabili annunci di Trump da monitare il dato sull’inflazione, le richieste dei sussidi e i JOLTS negli Stati Uniti, la produzione industriale e il PIL nel Regno Unito e la riunione della Banca Centrale Canadese sui tassi.
Calendario Economico:
