Italy: La settimana nei mercati - 11 Novembre 2024
La settimana passata è stata una delle più interessanti dell’anno e in particolare l’attenzione è stata concentrata sugli Stati Uniti dove abbiamo assistito alla rielezione di Donald Trump come nuovo presidente degli Stati Uniti e alla riunione della FED che, come atteso, ha tagliato i tassi di 25 punti base.
I mercati finanziari hanno reagito positivamente alla vittoria del Tycoon. Sul mercato valutario, il dollaro statunitense si è apprezzato significativamente rispetto alle principali valute. L'indice Dow Jones Industrial Average ha raggiunto un nuovo massimo storico e anche l'S&P 500 e il Nasdaq Composite hanno chiuso in territorio positivo.
La nuova amministrazione ha delineato sin da subito in campagnia elettorare un'agenda economica caratterizzata da significative riduzioni delle tasse e da una politica commerciale più protezionistica, con l'imposizione di dazi sulle importazioni. Queste misure, se attuate, potrebbero stimolare l'attività economica, ponendo ancora incertezze sulle tensioni inflative da una parte, e sul costo di un crescente indebitamento pubblico dall’altro.
Rimangono incerte le prospettive internazionali in un contesto teso in cui le problematiche da affrontare vanno dalla guerra in Ucraina, alle difficoltà interne alla NATO, alla crisi in medio Oriente.
Spostandoci nel Vecchio Continente, il 7 novembre 2024, la Banca d'Inghilterra ha deciso di ridurre il tasso d'interesse al 4,75%, un calo di 25 punti base. Questa mossa segue la discesa dell'inflazione sotto il target del 2%, ma la BoE ha segnalato che continuerà ad adottare un approccio cauto.
Giovedi si sono tenute anche le riunioni della banca centrale svedese e norvegese. La Riksbank, ha deciso di ridurre i tassi di interesse di 50 punti base al 2,75% e ha ventilato che se le prospettive per l'inflazione e l'attività economica rimarranno invariate, il costo del denaro potrebbe essere tagliato nuovamente. Invece, la Banca centrale norvegese ha mantenuto i tassi al 4,5%.
La scorsa settimana anche la Reserve Bank of Australia si è pronunciata sulla propria politica monetaria mantenendo i tassi di interesse al 4,35% e ha dichiarato che non prevede che l'inflazione tornerà in modo sostenibile all'obiettivo del 2-3% prima della metà del 2026.
Spostandoci in Asia l’attenzione è focalizzata sulla riunione del comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo. Gli economisti si aspettano un consistente piano di spesa fiscale per supportare l’economia e compensare i potenziali nuovi dazi statunitensi sulle esportazioni cinesi.
Vediamo ora più in dettaglio la situazione in USA e Europa
Stati Uniti
In area USD la scena è stata presa sicuramente dai due eventi principali: l’esito delle Elezioni presidenziali americane, che hanno visto il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e il meeting della Federal Reserve.
Non è mancata una forte volatilità in tutte le asset class: per quanto riguarda l’eur/usd nella notte tra il 5 e il 6 novembre, quando è diventato chiaro che, nonostante i sondaggi che vedevano un testa a testa tra i due candidati , il candidato repubblicano stava vincendo in tutti gli Stati “chiave”, il dollaro ha comcinciato ad apprezzarsi, registrando il più forte apprezzamento intraday degli ultimi otto anni.
Contestualmente i rendimenti, non solo americani ma anche dei principali paesi industrializzati, hanno cominciato ad impennarsi, per via della convinzione che il nuovo inquilino della Casa Bianca porrà in atto politiche economiche molto espansive e foriere di futura inflazione, con la creazione di una situazione che potrebbe portare la Fed a rivedere il percorso di allentamento della politica monetaria.
Nonostante le proposte economiche avanzate da Trump stiano sollevando dubbi tra gli economisti sul futuro percorso dei tassi, la Federal Reserve, come ampiamente atteso, ha abbassato il tasso dei fondi federali per la seconda volta consecutiva. Durante la conferenza stampa, Powell ha risposto fermamente con un “no” alla domanda se si sarebbe dimesso su richiesta di Trump, ricordando che la legge non consente al presidente di rimuoverlo. Ricordiamoci infatti che in passato, le tensioni tra Powell e Trump sono state evidenti, con quest'ultimo che nel 2019 aveva definito Powell un "nemico" a causa dei disaccordi sui tagli dei tassi.
Europa
Anche in Europa l'attenzione è stata rivolta alle elezioni statunitensi per valutare gli effetti della nuova presidenza sul vecchio continente. La principale preoccupazione riguarda i dazi: Trump ha ventilato l'idea di sostituire l'imposta sul reddito federale con dazi generalizzati dal 10% al 20%, che colpirebbero direttamente le esportazioni europee. Inoltre, le aziende europee potrebbero subire penalizzazioni se gli Stati Uniti imponessero sanzioni sui prodotti con componenti cinesi o facessero pressione sull'Europa per ridurre i legami commerciali con la Cina.
Oltre all’attenzione rivolta alle elezioni, i principali dati economici dell'Eurozona della scorsa settimana riguardano i PMI, che hanno mostrato un leggero miglioramento sia nel settore dei servizi che in quello manifatturiero, sebbene in Germania i valori rimangano sotto la soglia dei 50 punti, segnalando una contrazione economica. Questa settimana sarà cruciale monitorare i dati sul PIL europeo e gli aggiornamenti sull'inflazione in Germania e Francia.
Conclusioni
L’attenzione è al momento focalizzata sugli Stati Uniti e sotto la lente di ingrandimento sono la retorica del presidente uscente Biden e del prossimo all’insediamento Trump.
Sul fronte dei dati macroeconomici, questa settimana vedremo negli Stati Uniti il livello di inflazione nonchè dati sul mercato del lavoro e vendite al dettaglio, mentre verrà pubblicato il dato sul PIL in Europa, Regno Unito e Giappone.
Calendario Economico: