Italy: La settimana nei mercati - 13 Gennaio 2025
Buongiorno Signore e Signori,
Con il nuovo anno vediamo proseguire e rafforzarsi la narrativa iniziata ormai mesi fa. Da un lato, negli Stati Uniti vediamo un’economia forte, un mercato del lavoro sano e i timori di un possibile aumento dell’inflazione a causa delle politiche protezionistiche ed espansive di Trump. Dall’altro, in Europa, assistiamo a un’economia che zoppica, con le principali economie che faticano a ripartire soprattutto nel settore manifatturiero. A ciò si aggiungono l’instabilità politica in Francia e Germania e la preoccupazione per l’aumento dei costi energetici dopo il blocco delle forniture di gas russo tramite l’Ucraina.
Questa situazione si riflette nella forza del dollaro, che continua il suo trend contro le principali valute e che, contro l’euro, è sceso in area 1.0250 a seguito dei dati non farm payroll di venerdi. Il punto centrale per gli operatori di mercato è capire la direzione delle politiche monetarie, poiché sembrano delinearsi importanti divergenze tra le due principali banche centrali: gli operatori di mercato si aspettano infatti solo due tagli da parte della Federal Reserve (FED) e ben quattro dalla Banca Centrale Europea (BCE).
Intanto nel Regno Unito arrivano segnali di allarme dall’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato e dalla contemporanea debolezza della sterlina, che potrebbero indicare fenomeni di fuga di capitali. In teoria, rendimenti più alti dovrebbero sostenere la valuta locale, ma questa correlazione non sembrerebbe concretizzarsi. In generale la settimana appena trascorsa è stata caratterizzata da un forte incremento dei rendimenti dei titoli obbligazionari, incremento che veramente si è registrato in tutte le zone del mondo e quindi non ha riguardato soltanto la carta americana o europea. Questo fenomeno appare abbastanza giustificato, soprattutto in USA, UK e Giappone, dati i relativi orientamenti delle rispettive banche Centrali, mentre molto meno in Eurozona, in quanto le recenti forti perdite dei prezzi ad esempio sui Bund, BTP, OAT e BONOS mal si conciliano con il confermatissimo atteggiamento espansivo della BCE ed appaiono più che altro dovuti ad un forte effetto trascinamento.
Per questa settimana abbiamo in calendario diversi dati di interesse, tra cui sicuramente quelli su inflazione per USA, UK ed Europa.
Europa
Anche a fine anno, l’economia dell’eurozona ha continuato a faticare. A dicembre 2024, l’economia della zona euro ha registrato una leggera contrazione, dovuta principalmente alla debolezza del settore manifatturiero. La Francia si conferma l’economia più fragile tra le tre principali del blocco (Francia, Germania e Italia). Secondo l’indice HCOB Eurozone Composite PMI Output, il valore complessivo è salito a 49,6 a dicembre 2024, rispetto al 48,3 di novembre, ma resta al di sotto del limite di 50, indicativo di contrazione economica.
Il calo della produzione industriale e dei nuovi ordini ha pesato sull’attività economica complessiva e sull’occupazione, con il tasso di riduzione dei posti di lavoro tra i più elevati degli ultimi quattro anni.
In Europa l’economia appare stagnante e l’inflazione sembrerebbe sotto controllo, nonostante un lieve aumento registrato la scorsa settimana e comunque previsto dagli analisti. La BCE deve bilanciare l’esigenza di sostenere l’economia con quella di contenere l’inflazione. Non sono previsti tagli dei tassi nella prima riunione dell’anno, il 30 gennaio, ma gli operatori continuano ad attendersi 4 riduzioni nel 2025, per un totale di un punto percentuale.
Stati Uniti
La scorsa settimana abbiamo visto la pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro e dei verbali dell’ultimo meeting della FED. Iniziando dai primi, i “non-farm payroll” hanno visto un dato pari a 256k nuovi posti di lavoro, superiore al dato precedente pari a 212k ma rosprattuto rispetto alle aspettative di mercato che lo davanto a 165k. Anche il dato sull’inflazione ha sorpreso al ribasso. Venerdi’ abbiam quindi visto un immediato rafforzamento del Dollaro, che si è posizionato in area 1.0250 sostenuto dalla forza del mercato del lavoro statunitense.
Per quanto riguarda i verbali della FED, preoccupano i piani del presidente eletto Donald Trump che causerebbero incertezza tra i funzionari della Fed riguardo alle prospettive sull'inflazione. I funzionari si sono detti preoccupati che il recente rallentamento dell’aumento dei prezzi potrebbe subire i cambiamenti di politica promossi da Trump, per cui il processo di riduzione dell’inflazione verso l’obiettivo finale del 2% “potrebbe richiedere più tempo del previsto”, sottolineando potenziali rischi al rialzo.
Queste preoccupazioni, insieme al fatto che la FED aveva già ridotto i tassi d’interesse di un intero punto percentuale nel 2024, avrebbero convinto alcuni funzionari a optare per un approccio “prudente” a ulteriori riduzioni quest’anno. Dopo la pubblicazione dei verbali, la probabilitá che la Fed scelga di mantenere invariati i costi di finanziamento nei prossimi incontri si sono rafforzate, con la prima riduzione ora prevista non prima di maggio. Non ci si attende quindi nessun taglio nella prima riunione della FED prevista il 29 Gennaio.
Conclusioni
Il 2025 si prospetta come un anno di significative divergenze economiche e politiche tra Stati Uniti ed Europa. Negli Stati Uniti, la crescita economica e il mercato del lavoro restano solidi, sebbene le politiche protezionistiche di Trump e i timori inflazionistici possano rallentare il ritmo dei tagli ai tassi. In Europa, invece, il contesto economico appare fragile, con una contrazione del settore manifatturiero, instabilità politica e pressioni sui costi energetici. Dalla BCE ci si aspetta un approccio più accomodante, con almeno 4 tagli ai tassi nel corso dell’anno, sebbene rimanga la preoccupazione per l’aumento dell’inflazione.
Questi fattori continuano a consolidare la forza del dollaro rispetto alle principali valute, mentre l’euro resta sotto pressione. Secondo alcuni analisti, un possibile rallentamento del dollaro potrebbe verificarsi qualora le politiche di Trump venissero implementate in maniera più blanda rispetto alle dichiarazioni iniziali, o anche a seguito della risoluzione del conflitto in Ucraina e Medio Oriente.
Calendario Economico: